Yarn Bombing, i lavori a maglia arredano le città

di Gianni Puglisi Commenta

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Yarn bombing, un bombardamento di filati ovverosia un modo insolito di arredare e ingentilire gli spazi urbani che ogni cittadino può praticare: basta mettersi a ‘sferruzzare’, darsi alla maglia o all’uncinetto e quindi scegliere quale angolo rivestire. Si tratta di un’arte di strada non invasiva, graffitismo con la lana o il filo, proveniente dagli Stati Uniti, che realizza performance temporanee; anima o rianima angoli urbani brutti o bruttissimi, statue logore, avvolge e decora alberi. In Italia il ‘bombardamento’ di lana ha già avuto esperimenti riusciti e riesce sempre a patto che vandali non distruggano l’opera come accaduto purtroppo l’altro giorno a Varese.

 

Sembra essere un segno di tempi nuovi in cui ogni cittadino responsabile e dotato di coscienza, anche estetica, si prende cura di un pezzettino di mondo o spazio urbano e lo arreda con il solo intento di migliorarlo. Far del bene a sé e agli altri! Inoltre è un’arte basata sul riciclo perché si recuperare materiale quale lana, cotone, maglia acrilica e bottoni, e fa bene alla salute mentale perché facendo la maglia si medita e si rallentano ritmi folli.

 

 

 

Esempi recenti di questa arte ci sono stati in Toscana, a Pistoia; a Genova dove nel 2013, tutto il porto antico di Genova è stato ‘bombardato’ di installazioni in lana e cotone, realizzate da oltre 1000 persone di tutte le età e provenienza; e l’anno successivo quando ha invaso l’intero territorio cittadino coinvolgendo 9 tra giardini e ville grazie a oltre 1300 persone; infine a  Cesenatico dove ponte Garibaldi  e stato ricoperto di lana.

Quest’arte che ormai esiste in tutto il mondo, richiede cura e senso civico da parte di tutti. Altrimenti succede come a Varese qualche giorno fa dove vandali hanno tagliato e asportato con le forbici in una notte le opere collettive realizzate in occasione della giornata mondiale del lavoro a maglia. Ci sono menti… da bonificare ancora, quindi tutte da arredare ex novo!

 

 

Photo credits it.wikipedia.org

 

 

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