La prima cosa da chiedersi è che tipo di materiale è necessario per la cucina, quale rivestimento può essere più adatto ad un ambiente esposto a sostanze abrasive e all’usura. Dalla risposta a questa domanda dipende la scelta dei pavimenti.
Il pavimento della cucina deve rispettare almeno due caratteristiche per essere adatto a questo ambiente: deve essere bello ma anche e soprattutto resistente. Il rivestimento per la zona cottura crea sempre molti problemi ma adesso le tecniche e i materiali si sono evoluti molto e ci sono tante pavimentazioni che resistono bene all’acqua, ai detergenti, al “passeggio”.
Il materiale più gettonato per la cucina è il cosiddetto gres porcellanato che è un materiale ceramico a pasta compatta. Questo materiale è resistente all’abrasione. Ci sono anche tantissimi trattamenti che consento di ottenere un effetto legno sulle piastrelle che sfiora la realtà con venature e colore naturale.
A livello tattile la piastrella lavorata per essere adatta alla cucina si presenta molto piacevole e cromaticamente può essere ben adattata ad ogni arredo. I formati delle piastrelle della stessa dimensione delle doghe in legno quindi mediamente lunghe 120 centimetri e larghe 15, 20 o 30 centimetri. Grazie alla tecnologia digitale chi non fosse amante dell’effetto legno potrà richiedere una pavimentazione simile alla pietra naturale nella forma, quindi con effetto ardesia, travertino o addirittura cotto.
Se poi le piastrelle in ceramica, indipendentemente dalla fantasia, non vi vanno a genio, allora potete comunque optare per il legno che oltre ad essere importante per l’isolamento termico e acustico, restituisce tutto il calore della cucina di una volta. A livello di materiali, comunque, si consiglia di preferire le fatture più dure e stabili come il rovere oppure l’iroko. Se sono multistrato ancora meglio.
Le ultime tendenze raccontano anche di nuove tecniche di montaggio che prevedono che i prodotti siano posati a secco senza l’uso di collanti. A livello di tendenze nel design invece, s’insiste molto sull’effetto usura che più romanticamente potremmo chiamare “effetto vita vissuta”.
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